Buongiorno ragazzi,
oggi mancano esattamente 98 giorni all’esame di Stato, lo sapevate?
L’argomento di oggi però non riguarda soltanto coloro che tra di voi si troveranno ad affrontare il fatidico esame, ma anche tutti gli altri che ogni giorno scrivono temi, saggi e articoli destinati alla scuola o al nostro concorso.
Oggi infatti parliamo di errori grammaticali e precisamente dei più comuni, quelli commessi anche dai politici, dalle star della tv e a volte anche dai genitori poco attenti.
I nostri cari amici di Focus nel loro articolo parlano di 10 piccoli o grandi dubbi della lingua italiana.
Innanzitutto c’è da dire che l’italiano è la quarta lingua più studiata nel mondo, anche perché è una delle più belle e complicate. Se però si ci affida alle istituzioni che la studiano, come l’Accademia Della Crusca ad esempio, è facile venire a capo dei dubbi.
UN PO’ O UN PÒ?
Si scrive un po’ con l’apostrofo e non con l’accento sulla o, perché po’ è la forma tronca di poco.
SÉ STESSO O SE STESSO?
A scuola ci hanno insegnato che il pronome personale sé, quando è seguito da stesso non vuole l’accento, perché non ha più bisogno di distinguersi dalla congiunzione se. «Ma è una consuetudine: non c’è niente di sbagliato nello scrivere sé stesso e sé medesimo», avverte Claudio Giunta, docente di letteratura italiana all’Università di Trento. Quindi sì, va bene in entrambi i modi.
SI PUÓ DIRE “DA SEMPRE”?
Meglio di no. Sempre secondo Giunta “Da sempre e da subito si sentono sempre più spesso, ma se ci pensate sono espressioni che non hanno molto senso. Sempre non indica un momento del passato dal quale far cominciare il computo del tempo bensì una durata (sempre = per tutto il tempo); e subito non è sinonimo di ora (“d’ora in poi”) ma di “immediatamente”, ovvero esprime l’istantaneità di un fatto, di un’azione. Scriveremmo Mi è piaciuto da immediatamente? Invece di Sono stato da sempre a me pare meglio dire e scrivere Sono sempre stato»
LA QUESTIONE DEL CONGIUNTIVO:
L’uso del congiuntivo nella lingua italiana meriterebbe un approfondimento. Nel frattempo, una delle poche regole sicure è: se una frase completiva può essere introdotta sia da che sia da come, dopo che ci vuole l’indicativo, dopo come il congiuntivo. Ecco un esempio:
“Ho già ricordato che i Romani avevano occupato gran parte dell’Europa”.
“Ho già ricordato come i Romani avessero occupato gran parte dell’Europa”.
MINA É LA TIGRE DI VERONA?
Si, ma solo se lo diciamo con il sorriso. Dante Alighieri è Dante Alighieri, non è il Sommo Poeta. Machiavelli è Machiavelli, non è il Segretario fiorentino. Verdi è Verdi, non è il Cigno di Busseto. Proprio come la cantante Mina è Mina, non La tigre di Cremona (o meglio, è anche “La tigre di Cremona”, ma soltanto se lo si dice col sorriso)». Le antonomasie fanno molto sussidiario delle scuole elementari in realtà.
PERCHÉ QUAL É SI SCRIVE SENZA L’APOSTROFO E QUAND’É INVECE LA VUOLE?
Semplicemente perché Perché qual non è una elisione (cade la vocale finale di una parola quando quella successiva inizia per vocale). Si tratta invece di un’apocope di quale, una parola cioè che non ha alcuna necessità di appoggiarsi a un apostrofo per reggersi in piedi, come attestano le locuzioni la qual cosa, ogni qual volta, nel qual caso.
COME DISTINGUERE UN’APOCOPE DA UN’ELISIONE?
È facile: una parola troncata (apocope) si può pronunciare da sola conservando il suo significato (signor, cavalier, nobil, castel, fiorir, fuggir, buon, e qual); mentre non possiamo dire: l, dell, sant, senz, eccetera.
PERCHÉ SI DICE (E SI SCRIVE) I COMPUTER E NON I COMPUTERS E LE TAPAS E NON LE TAPA?
Ce lo spiega il sito Il mestiere di scrivere: «All’interno di un testo italiano le parole straniere non si declinano al plurale, a meno che non siano entrate nella nostra lingua proprio al plurale, come nel caso di peones, tapas, avances e, naturalmente, jeans».
SI PUÓ VERAMENTE DIRE “DIFFIDATE DALLE IMITAZIONI”?
Se c’è uno slogan buono per tutte le stagioni è questo. Ma è corretto dire “diffidate dalle imitazioni”? Se il significato è quello di «invitare qualcuno ad astenersi dal compiere qualcosa», si dice infatti diffidare da («ti diffido dal mettere in giro notizie false sul mio conto»), se invece diffidare è l’antonimo (contrario) di fidarsi, bisognerebbe, anche solo per una questione di simmetria etimologica, dire diffidare di». Dunque la forma corretta in questo caso sarebbe diffidate delle imitazioni. Ma, continua De Benedetti: «Il problema è sempre lo stesso, e cioè che a furia di imitare una forma sbagliata, questa ha ottime chance, a lungo andare, di convertirsi in regola, o quantomeno di essere recepita come tale…».
“PIUTTOSTO CHE”
Negli anni 80 ha cominciato a diffondersi l’uso del piuttosto che con il significato disgiuntivo di “oppure”. È un errore. Il fenomeno – secondo i linguisti – potrebbe aver avuto origine nel parlato dei giovani di Milano e Torino.
“Questa sera, se vogliamo uscire, possiamo andare al cinema piuttosto che (= oppure) a teatro” e “Al mercato potete trovare ogni tipo di verdura: pomodori piuttosto che (= oltre che) peperoni…” sono due esempi dell’(ab)uso del piuttosto che.
Ma avverte la Treccani: «Si tratta di usi decisamente sconsigliabili non solo nello scritto, ma anche nel parlato». Dunque qual è l’uso giusto del piuttosto che? «Piuttosto che si usa correttamente davanti a proposizioni avversative e comparative e significa anziché, indica cioè una preferenza accordata a un elemento rispetto a un altro».Dunque, è corretto: «Piuttosto che dire sciocchezze, rimani in silenzio», «Preferisco andare in bicicletta piuttosto che usare l’automobile».
Mentre non è corretto: «Possiamo andare al cinema piuttosto che (= oppure) a teatro».
IRRUENTE O IRRUENTO?
La prima è più vicina all’etimo latino (irruentem), la seconda, diffusa nell’italiano contemporaneo. Ma “Entrambe le forme” – avverte il dizionario Treccani – possono considerarsi corrette” (vale anche per succube e succubo).
Con la speranza di aver dissipato alcuni dei dubbi che spesso sorgono durante la stesura di un testo o mentre si è all’interrogazione, vi invitiamo a scriverci tutti gli altri errori grammaticali che vi siete accorti di fare durante la vostra carriera scolastica e che avete poi corretto.