I riti di passaggio sanciscono il passaggio dei giovani all’età adulta, ma anche cambiamenti di stato come il funerale che aiuta i vivi a onorare e quindi lasciar andare verso l’oblio (o una nuova vita) i defunti. Fu l’antropologo belga Arnold Van Gennep a teorizzare per la prima volta questo concetto rendendolo oltremodo diffuso.
Ve ne sono molte tipologie e tutte sono permeate da un fascino particolare. La circoncisione è il rito di passaggio per antonomasia. Segni indelebili sul corpo come tatuaggi e scarificazioni sono una componente classica nei riti di passaggio che modificano in maniera irreversibile la vita degli adolescenti. Di carattere molto diverso, anche il ballo delle debuttanti presente in molti paesi è un rito di passaggio: durante questo evento pubblico le ragazze della buona società vengono presentate come donne adulte in età da marito.
Tutto sommato non sono poi riti così spaventosi se si pensa che in altri luoghi ancora oggi si praticano iniziazioni davvero pericolose: ne è un esempio il bunjee jumping ante litteram della tribù di Sa nelle isola di Pentecoste. Il rito di passaggio è detto naghol ovvero “salto a terra”. Consiste nel lanciarsi da una struttura artificiale in legno legati ad una corda di liane correndo talvolta il rischio di schiantarsi a terra da 40 metri d’altezza. Un vero volo verso le responsabilità della vita adulta!
Ancor più sanguinolento e spaventoso è il rito che i Matausa, popolazione della Papua Nuova Guinea, praticano per purificare i giovani che si affacciano all’età adulta. La donna è considerata un essere impuro e come essa i suoi frutti. Per questi i giovani possono considerarsi puri solo dopo aver effettuato questo dolorosa procedura: vengono inserite in gola due canne che vengono fatte passare dalle narici creando un’emorragia di sangue e muco. Una volta espulse queste sostanze il ragazzo è considerato puro.
E voi vi lamentate ancora degli esami di maturità che vi aspettano?!