Buongiorno ragazzi,
anche per la quinta settimana di concorso i giornalisti sono pronti a chiedere la vostra opinione sui temi scelti.
Siete pronti? E allora cominciamo!
Orsola Riva, per il Corriere della Sera, vi propone un nuovo gioco basato sulla musica del XX secolo.
In questi giorni è nelle sale un film sui Queen intitolato “Bohemian Rapsody” come l’omonima canzone della band, divenuta il più grande successo di tutti i tempi. Proprio grazie all’uscita del film, la canzone è stata scaricata da tantissimi ragazzi e risulta la più ascoltata in streaming. Si parla di più di un miliardo di stream, una cifra che batte anche quelle raggiunte dai Nirvana e dai Guns’N’ Roses.
Proprio partendo da questa riflessione la giornalista vi chiede: quali sono i vostri miti musicali del passato? Quali sono i gruppi o i cantanti del secolo scorso assolutamente indimenticabili?
Luca Tremolada, per il Sole 24 Ore, vi parla di Huawei, il terzo grande produttore di smartphone al mondo.
Da alcune settimane è sulle prime pagine dei giornali perché nel mirino di Donald Trump. Cosa è successo? Insieme ad altre aziende, Huawei è al centro di un braccio di ferro tra Stati Uniti, Cina e Russia ed è accusata di giocare sporco. Per alcuni, l’azienda consentirebbe al proprio governo di accedere al suo sistema e ai suoi apparati per carpire informazioni utili.
Il giornalista specifica, però, che in questo momento non ci sono prove certe. Quello che si può fare è ricostruire il contesto che c’è intorno a questa vicenda: parliamo di una guerra commerciale, una guerra di dazi tra Stati Uniti e Cina e anche un modo di intendere la politica commerciale da parte degli Usa che è cambiato da quando Trump è diventato presidente.
Trump cerca di proteggere le aziende e i posti di lavoro americani e lo fa anche attraverso una guerra ai danni dei grandi produttori stranieri.
Dall’altro lato è anche vero che le norme che regolano i rapporti tra le aziende incriminate e i governi non sono così chiare e limpide. Perché parliamo proprio di Huawei?
Perché è un campanello d’allarme di come stanno cambiando i rapporti della geopolitica in questi anni. Le tecnologie diventano il pretesto per le guerre e il nostro compito è quello di badare al contesto, al panorama, agli scenari e chiederci perché si punta il dito verso alcuni soggetti.
Marcella Cocchi, per il Quotidiano Nazionale, parla della Francia.
L’attuale Presidente della Francia, Macron, solo un anno fa ha vinto le elezioni con un movimento innovativo, né di destra né di sinistra, mentre oggi sembra un po’ un Luigi XVI in attesa dell’esecuzione.
Cosa è successo nel frattempo? La giornalista si concentra sulla rivolta dei gilet gialli e per parlarvene utilizza la tecnica giornalistica delle 5 W secondo cui per raccontare un fatto bisogna rispondere a cinque domande.
Who, What, Why, Where, When rappresentano la regola del giornalismo anglosassone.
“Chi?” Il soggetto sono i gilet gialli, un movimento che ha preso piede sul web e si è manifestato quando una serie di ribelli è scesa in strada per protestare contro il rincaro del carburante indossando un gilet giallo. Non c’è ancora un capo riconosciuto del movimento e non c’è ancora un vero e proprio manifesto, ci sono solo delle rivendicazioni che vanno dal caro vita ai migranti, fino ad arrivare alla protesta contro la borghesia in generale. Non si tratta di rivendicazioni né di destra né di sinistra, ma di vero e proprio populismo.
“Che cosa?” La Francia in queste settimane è stata messa in ginocchio dai ribelli che si sono uniti ai cortei pacifici. Questi ribelli hanno distrutto auto e monumenti, appiccato incendi, imbrattato l’Arco di Trionfo con frasi che evocano la ghigliottina del 1789. Al momento il bilancio del disastro è impressionante: centinaia di feriti, tre morti, duemila arrestati e dieci miliardi di danni.
“Quando?” Quattro weekend di sommosse.
“Dove?” Non solo a Parigi, ma anche nelle altre città francesi e nei paesi, consideriamo infatti che questo movimento ha origini rurali.
“Perché?” Questa è la domanda più difficile alla quale rispondere. Certo si può dire che si identifica una spaccatura tra la Francia delle città e quella rurale, tra la Francia dell’élite e quella delle campagne. Consideriamo che nella città di Parigi solo il 13% dei cittadini utilizza l’auto, dunque per molti abitanti non si tratta di un tema caldo.
C’è un perché politico: il Presidente ha perso moltissimi consensi e viene percepito come il Presidente dei ricchi.
A questo punto la giornalista vi chiede: se i giornalisti foste voi, come scrivereste il racconto sulla Francia?