Buon lunedì ragazzi! Eccoci, come sempre, con i temi della settimana.
Per Corriere della Sera, Orsola Riva vi parla di una notizia che arriva dalla Sicilia, più precisamente dalla bellissima Bagheria, cittadina alle porte di Palermo, negli ultimi anni diventata tristemente famosa perché feudo del boss mafioso Bernardo Provenzano. La notizia è quella dei 36 imprenditori locali che si sono ribellati alla mafia, rifiutandosi di pagare il pizzo e facendo finire in cella, in questo modo, ben 22 boss mafiosi.
È certamente stato un atto di coraggio, riconosciuto da tutti: gli imprenditori, infatti, venivano minacciati, subendo incendi alle loro attività e minacce alle proprie famiglie, tanto che in tanti sono finiti in rovina o si sono tolti la vita. Ma qualcosa deve essere certamenete cambiata, anche nel clima generale, se hanno deciso di opporsi alla mafia dopo così tanto tempo.
E voi ragazzi, se vi foste trovati nei loro panni, avreste avuto il coraggio di ribellarvi? A quali condizioni avreste deciso di opporvi a questi torti e denunciare gli aguzzini mafiosi?
Per Il Sole 24 Ore Luca Tremolada prende spunto da una notizia finanziaria della settimana scorsa, ovvero l’acquisto dell’azienda King Digital, per intenderci il produttore del videogioco Candy Crush, , da parte di Activision, creatrice di famosi videogame come Destiny o Call of Duty, per un costo complessivo di 5.9 miliardi di dollari.
Questa vicenda serve come spunto per chiedere a voi che idea vi siete fatti della pericolosità dei videogiochi, specie di quelli vietati ai minori di 18 anni. È il caso di vietarli davvero o, anche, di sanzionare tutti i negozianti che li vendono ai minorenni? E ancora: secondo voi, fanno davvero così male, tanto da non poter essere utilizzati dai giovani, al pari di alcool e sigarette?
Diteci cose ne pensate facendo uno sforzo in più, vale dire provando a vedere la questione anche dal punto di vista di un adulto e non solo dal vostro.
Per Quotidiano Nazionale, Gianluigi Schiavon vi parla di diritto all’oblio. Sapete di cosa si tratta? Per l’enciclopedia Treccani, significa “diritto ad essere dimenticati”. In particolare “il diritto che non siano riproposte notizie sui propri trascorsi personali, specialmente quelli giudiziari”.
Nel maggio del 2014, la Corte di Giustizia Europea ha condannato il colosso Google a cancellare, su richiesta di un certo Mario Costeja Gonzalez, i dati sensibili a lui relativi mostrati sul motore di ricerca. Ad un anno da questa vicenda, le richieste di cancellazione dei dati personali fatte in Italia a Google sono state ben 25 mila, mentre in tutto il mondo addirittura un milione, gran parte delle quali, però, rifiutate.
Si tratta di un tema molto delicato e controverso, anche perché non tutti sanno che la deindicizzazione, ovvero la rimozione dal motore di ricerca, non significa comunque la rimozione del dato da internet, perchè rimarrà sempre e comunque sul sito in cui è riportato. Si tratta di una vera e propria battaglia etica: da una parte il diritto all’informazione e dall’altra il diritto all’oblio.
Secondo voi, ragazzi, è giusto semplificare le norme per la cancellazione dei propri dati sul web allo scopo di salvaguardare il diritto all’oblio?