Buongiorno ragazzi,
quello di oggi è un post un po’ particolare perché a scriverlo non è stata, come al solito, la redazione, ma una vostra compagna.
Il suo nome è Benedetta Persico ed è la vincitrice dell’edizione 2016/2017 del concorso IlQuotidianoinclasse.it. Con i suoi temi e il suo modo di scrivere così delicato Benedetta si è aggiudicata il primo posto del concorso e ha avuto la possibilità di poter volare in California. Come è stata questa esperienza ve lo racconta lei stessa tramite le parole e le fotografie con cui ha immortalato ogni attimo trascorso oltre oceano.
Dunque ecco il “diario di viaggio di Benedetta”, troverete le foto che ha scattato nell’album Facebook dedicato alla sua esperienza.
San Francisco, the city that knows how.
Herb Caen, un editorialista del SF Chronicle definì San Francisco come “the city that knows how”, la città che sa come. Come diventare il polo tecnologico più all’avanguardia al mondo. Come unire il sogno americano alla compostezza europea. Come far innamorare perdutamente i turisti. Contraddittoria, imperiosa, melanconica. Niente a che vedere con la spocchiosa e pacchiana Los Angeles, come l’hanno definita gli stessi San Franciscan. La nebbia ricorda molto la laguna veneziana in un tramonto di febbraio, mentre i colori sfacciati, a partire dall’arancione internazionale che avvolge il Golden Gate, per passare ai murales screziati che abbracciano il Vesuvio Cafè, riportano alla mente un mercato di spezie nella bella Teheran. Contrasti cromatici e non solo. Tra le salite ripide di Filbert Street e i tornanti con le aiuole di Lombard Street ci si sente tutti bambini in un parco divertimenti degli anni ’50 con i colori pastello e l’odore di zucchero filato, mentre nella piana che si affaccia sulla baia la nebbia opaca e il verdazzuro del pacifico ci costringono a riflettere, come in catarsi. Contrasti nei quadri di Matisse e Mirò esposti al SFMOMA, scandalo di fronte alla Fontana di Duchamp. Contrasti tra i miliardari della Silicon Valley e un giovane senzatetto che ripete insistentemente il nome di una donna, ai bordi della strada. Zuppe di granchio a Fisherman’s Wharf, pontili in legno tinteggiati di un blu intenso si tuffano nell’oceano, piccoli punti di ristoro offrono hot dog con un filo di senape da gustare su una panchina mentre i gabbiani beccano le molliche per terra. Nel centro della città, dove le mostre di arte moderna si intrecciano alle tavole calde, i grandi magazzini brillano, illuminati dalle luci intermittenti di Natale, mentre un grande albero si innalza fiero, come a scrutare i movimenti morbidi delle famiglie che vanno a pattinare sul ghiaccio con il sottofondo di “All I want for Christmas is you”. E’ più semplice trovare un ristorante cinese o vietnamita che un tipico diner americano – San Fran ospita la più grande comunità asiatica all’estero di tutto il mondo, ma non mancano le bandiere a stelle e strisce alte e austere sui grattacieli. La magica City Lights Bookstore, nascosta a metà tra China Town e North Beach, il quartiere italiano, aspetta solo di essere scoperta. Sulla vetrina campeggia uno sticker con su scritto “gli immigrati sono i benvenuti qui”, quasi ad anticipare l’atmosfera della libreria tra gli slogan femministi, in favore delle comunità LGBT e slogan rivoluzionari dei tempi di Zapata. Infine l’embarcadero, il tram turistico della città, che percorre le strade in pianura lasciando tutto il tempo di guardarsi intorno, mentre aspetta paziente che una signora anziana salga sul tram. Nemmeno una vita intera permetterebbe di cogliere tutti i dettagli di San Francisco.
Silicon Valley: la patria del progresso
“La più evidente differenza tra una metropoli come New York e San Francisco? A New York puoi entrare in un cafè, ordinare da bere e fare conoscenza con il tizio seduto affianco a te, che potrebbe essere un jazzista, un broker e, perché no, persino un attore famoso. A San Francisco puoi entrare in un cafè, ordinare da bere e scoprire che la persona seduta accanto a te lavora proprio nella tua stessa azienda.”: così nella sede di LinkedIn mi hanno riassunto la Silicon Valley, l’industria del benessere di San Francisco.
Prima tappa alla sede principale di LinkedIn a Sunnyvale, non lontano da San Francisco. Un palazzo di vetro sviluppato latitudinalmente, preceduto da piccoli angoli relax all’aperto. Non molto lontano una fila di biciclette azzurre con il logo di LinkedIn per spostarsi da una struttura all’altra dell’azienda, ecosostenibilmente e senza sprechi. Si respira un’aria di innovazione, pace e grande calma, all’interno gli uffici si alternano a punti di ristoro per consentire ai dipendenti di fare una pausa senza uscire dall’edificio. C’è una palestra riservata ai dipendenti e a mensa ci si sente sempre a casa propria: specialità da tutto il mondo per i dipendenti cosmopoliti dell’azienda. La mission di LinkedIn appare chiara e coinvolgente nelle parole dei dipendenti: consentire agli utenti di consolidare solide reti di contatti professionali. Persino uno dei manager è riuscito ad ottenere un posto grazie al suo profilo LinkedIn quando in Italia non avrebbe mai immaginato di arrivare tanto in alto. Punti di vista illuminanti, un modo di concepire il lavoro sempre e solo con entusiasmo. Gli impiegati hanno degli obiettivi, i cosiddetti “goals”, mentre orari, ferie e turni è come se non esistessero: l’unico dovere è quello di portare a termine gli obiettivi prefissati; obiettivi non solo lavorativi, ma anche di socializzazione con gli altri impiegati e persino goals di realizzazione emotiva personale, con un coach attento ad ogni progresso dei dipendenti.
Youtube
A San Mateo, la sede di Youtube, l’eterno teenager della Silicon Valley, colpisce per i suoi colori. Su una parete un quadro con la copertina di un album dei Muse, di fronte un schermo gigante con il video del mese che viene riprodotto all’infinito. Le porte scorrevoli si aprono su uno spiazzo con un canestro da basket, dei murales stilizzati e dei tavolini. Mi hanno detto che il CEO viene spesso a fare i barbecue con i dipendenti qui. C’è uno scivolo rosso gigante all’interno e i dipendenti fanno brainstorming sulle pareti disegnando con pennarelli sulle lavagne bianche. C’è un angolo ristoro ogni 500 m a Youtube e i cafè di ogni edificio hanno un design diverso. I dipendenti hanno a disposizione massaggiatori e una palestra con piscina olimpionica. Ci sono persino cuccette per appisolarsi tra un turno e un altro senza che nessuno disturbi. L’ambiente è gioviale e accogliente: i dipendenti, ipoteticamente, non avrebbero motivo di lasciare la struttura, come in una gabbia d’oro, intrappolati nel lusso che l’azienda gli offre. Se da un lato tutte le comodità affascinano i visitatori, dall’altra inquieta non poco la “soppressione” della vita privata dei dipendenti, votati in tutto e per tutto alla mission dell’azienda.
Logitech
Ultima tappa a Logitech. Dopo aver esplorato il mondo immateriale dei social network e del video sharing ecco arrivato il momento dell’hardware. Logitech produce i devices, a partire dai mouse per finire con gli amplificatori. Un’azienda relativamente minuta rispetto ai colossi dei giorni precedenti, ma molto competitiva nel suo campo. Quel che stupisce è l’atteggiamento di venerazione mista a timore nei confronti dei “big” come Google o Apple, quando si tratta di fette di mercato. “Non possiamo permetterci di competere con loro, quindi puntiamo su fette di mercato più piccole”, questa è la risposta di Logitech. I dipendenti, allo stesso modo che da LinkedIn e Youtube sono educati alla collaborazione, al lavoro di squadra e alla condivisione di idee. Le invidie tra collaboratori non fanno fare nessun passo avanti né all’azienda né tantomeno ai dipendenti, mentre la cooperazione aumenta la produttività.
Le aziende della Silicon Valley si tengono stretti i dipendenti, animati da grandi ambizioni, che intendono spostarsi verso colossi come Google, Apple e Facebook. Il sogno americano è tutto qui, tutti possono farcela, tutti sono partiti dai garage, dopo aver mollato la scuola. Tutti desiderano avere “di più” e San Francisco e la Silicon Valley sembrano poter offrire molto, ma molto “di più”.