Avrete sentito parlare di Umberto Eco nelle ultime settimane, successivamente alla sua morte. Se amate il grande cinema, forse lo conoscevate anche prima visto che è l’autore di un libro molto famoso da cui è anche stato tratto un film di culto: “Il Nome della Rosa”.
Umberto Eco è un importante filosofo, semiologo e scrittore italiano.
Per ricordarlo con le sue parole, oggi condividiamo con voi la lettera che Eco ha scritto al nipote apparsa su L’Espresso. In questa lettera l’intellettuale ricorda al nipote l’importanza delle memoria che definisce un muscolo come tutti gli altri, che va quindi allenato.
“Volevo parlarti di una malattia che ha colpito la tua generazione e persino quella dei ragazzi più grandi di te, che magari vanno già all’università: la perdita della memoria.”
A causa della facilità di reperire informazioni su internet, infatti, oggigiorno stiamo perdendo di vista il valore dell’imparare a memoria alcune nozioni.
“Il rischio è che, siccome pensi che il tuo computer te lo possa dire a ogni istante, tu perda il gusto di mettertelo in testa. Sarebbe un poco come se, avendo imparato che per andare da via Tale a via Talaltra, ci sono l’autobus o il metro che ti permettono di spostarti senza fatica (il che è comodissimo e fallo pure ogni volta che hai fretta) tu pensi che così non hai più bisogno di camminare.”
Eco propone quindi un gioco al suo nipotino. Questo gioco gli permetterà di allenare la memoria.
“Quindi ecco la mia dieta. Ogni mattina impara qualche verso, una breve poesia, o come hanno fatto fare a noi, “La Cavallina Storna” o “Il sabato del villaggio”. E magari fai a gara con gli amici per sapere chi ricorda meglio. Se non piace la poesia fallo con le formazioni dei calciatori”
“Sembra un gioco (ed è un gioco) ma vedrai come la tua testa si popolerà di personaggi, storie, ricordi di ogni tipo. Ti sarai chiesto perché i computer si chiamavano un tempo cervelli elettronici: è perché sono stati concepiti sul modello del tuo (del nostro) cervello, ma il nostro cervello ha più connessioni di un computer, è una specie di computer che ti porti dietro e che cresce e s’irrobustisce con l’esercizio, mentre il computer che hai sul tavolo più lo usi e più perde velocità e dopo qualche anno lo devi cambiare.”
Suggerisce anche che la scuola dovrebbe essere in grado di comunicare ai giovani ciò che è successo in passato.
“Ecco, la vita è come un film dei tempi miei. Noi entriamo nella vita quando molte cose sono già successe, da centinaia di migliaia di anni, ed è importante apprendere quello che è accaduto prima che noi nascessimo; serve per capire meglio perché oggi succedono molte cose nuove.”
Ricordare il passato è un modo di capire come si è arrivati al presente, ai fatti di attualità che si leggono ogni giorno sui giornali. Serve ad avere una propria idea su ciò che accade oggi. Ma non solo:
“Verrà il giorno in cui sarai anziano e ti sentirai come se avessi vissuto mille vite, perché sarà come se tu fossi stato presente alla battaglia di Waterloo, avessi assistito all’assassinio di Giulio Cesare e fossi a poca distanza dal luogo in cui Bertoldo il Nero, mescolando sostanze in un mortaio per trovare il modo di fabbricare l’oro, ha scoperto per sbaglio la polvere da sparo, ed è saltato in aria (e ben gli stava). Altri tuoi amici, che non avranno coltivato la loro memoria, avranno vissuto invece una sola vita, la loro, che dovrebbe essere stata assai malinconica e povera di grandi emozioni.”
Perché vivere una sola vita, dunque?