L’ultimo report dell’università di Oxford, pubblicato la settimana scorsa sul Financial Times parla di una correlazione tra i social, l’ansia, il malessere psicologico e la salute mentale. In particolare distingue il diverso uso dei social, tra coloro che producono contenuti o lo utilizzano per raccontare e raccontarsi, e coloro che lo subiscono, vivendo come osservatori e quindi passando il tempo a controllare ciò che succede.
Questa problematica è stata affrontata e continua ad essere analizzata ormai già da diversi anni, lasciando sul web innumerevoli studi, come quello citato, che analizzano i social in modi differenti. Ciò che è anche bene ricordare sulla problematica dell’impatto emotivo dei giovani è che le grandi aziende dietro i social network da più di un anno hanno già cominciato a utilizzare dei meccanismi per mettere in sicurezza gli adolescenti.
Per quanto i social stiano portando all’uomo e alla sua interazione sociale, in particolare per i giovani, sempre più problematiche è anche bene ricordare la loro grandissima utilità in tutti i campi dell’evoluzione umana.
Credo sia sbagliato criticare i giovani per il loro attaccamento ai social poiché questa necessità di continuare a scrollare i reals di YouTube o di tik tok è causa di diversi studi mentali: le ricerche dimostrano che gli algoritmi dei social hanno come obiettivo quello di dare maggiore visibilità ai contenuti ritenuti più interessanti, pertinenti in base alle ricerche degli utenti e apprezzati.
Infatti la causa dell’aumento dell’ansia dei giovani non dipende da loro ma da coloro che creando questi software pensano esclusivamente al modo per intrattenere il più possibile gli utenti, al fine del loro guadagno e della crescita aziendale, senza alcuna preoccupazione per i propri giovani utenti.
Ne è un esempio molto recente il video del capo di Hamas Yahya Sinwar, quest’uomo venne ripreso da un drone mentre si trovava nell’edificio, bombardato, in cui si nascondeva dai soldati israeliani. Questo video, in cui l’uomo ripreso è sul punto di morte con un braccio amputato, è stato pubblicato dai più importanti giornali italiani su tutti i social, fra cui anche Instagram. Quest’ultimo social è uno dei più virali tra i giovani per la possibilità di condividere le proprie storie e interagire con quelle altrui.
L’utilizzo sarebbe consentito esclusivamente a persone dai tredici anni in su, e nonostante questa restrizione non sia sempre rispettata, un video del genere, ma come tantissimi altri, nuoce alla salute mentale di alcuni ragazzi che magari non conoscono le vere circostanze dell’accaduto e si trovano d’avanti un’azione di estrema violenza, oppure consapevoli dei reati compiuti da Sinwar deducono sia giusto uccidere un uomo davanti al mondo intero per ripagarlo delle sue colpe.
Bisogna quindi ammettere che il problematico contesto che si è venuto a creare e che con le giovanissime generazioni si sta mostrando sempre più pericoloso deve sicuramente essere controllato, obbligando le aziende a tenere effettivamente conto della salute della società, anche se una tale preoccupazione può avere conseguenze sfavorevoli per i propri interessi economici.
In futuro questa relazione tra i social e il malessere psicologico dipenderà moltissimo da come reagiremo ora, perché la tecnologia continuerà ad evolversi e porterà grandi cambiamenti, come ne ha già portati, molto promettenti ma anche estremamente impattanti.